mercoledì 4 luglio 2007

Commento a "Lo strumento di Caravaggio"

Istantanee dal passato
Un piccolo personale ragionamento su: “Lo strumento di Caravaggio”, del Prof. Saggio.

Sconvolgente è l’intuizione di Longhi analizzata e teorizzata poi dal prof. Saggio sull’uso della camera oscura da parte di Caravaggio.
Esserne venuto a conoscenza mi ha aiutato a comprendere quanto indispensabile sia lo strumento per un artista (e per l’uomo in generale) senza il quale il mondo sarebbe sempre uguale a sé stesso.
Ho compreso finalmente la sua opera, quei misteriosi contrasti di luce-ombra che hanno reso così celebre Michelangelo Merisi e che mi hanno sempre turbato e affascinato tenendomi per lunghissimo tempo incantato davanti i suoi quadri.
Puntualmente mi chiedevo cosa volesse comunicarci con quel gioco così strano di luci.
Mi piaceva credere che egli avesse voluto “scolpire” la tela come un alto rilievo trattando il fondo piatto con i colori più scuri e i personaggi in rilievo con l‘intensa luce. Questa affermazione è ancora valida se consideriamo il risultato, ma non lo è più se penso allo strumento dell’artista che per farlo funzionare aveva bisogno di illuminare bene i suoi modelli affinché le immagini venissero proiettate sulla parete della camera oscura.
Adesso mi è tutto più chiaro, ho la risposta che cercavo. Per un attimo, però, spontanea è nata la domanda se avessi potuto ancora considerare Caravaggio un grande artista. Adesso che mi era stato svelato il “trucco” mi sentivo ingannato. Avevo sempre pensato che i suoi quadri e quel suo modo quasi unico di rappresentare la realtà fosse anche un suo personalissimo modo di vederla…
Ora, invece scopro che c’è di mezzo quello strumento. Uno strumento così potente da non voler e poter paragonare p.e. al telaio prospettico che ho sempre considerato non più di un aiuto poiché è già l’occhio umano che vede in prospettiva. La camera oscura, invece, è di più. Essa abbinata alle lenti è un terzo occhio che cattura una porzione di mondo e lo restituisce deformato a nostro piacimento. Un momento, questo non è altro che la fotografia! E se la fotografia è riconosciuta una forma d’arte, e di conseguenza il fotografo un artista, tanto più lo è Caravaggio che di questa tecnica ne è stato un precursore.
In più, come dice Saggio:<< Michelangelo sa che il tempo moderno che comincia forse proprio con lui è quello dell’attimo, dell’istante, del dramma e del bivio. Ogni momento può presentarsi come quello della scelta, della morte o della vita >>.
Qual è la tecnica migliore da usare per congelare quell’istante? La fotografia! Che da sempre è definita istantanea.
Insomma posso azzardare a definire Michelangelo il primo “fotografo” della storia!

Commento per il libro"Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura" del prof. Saggio

"Catalizzatore"

Se me lo permette vorrei esprimere una critica negativa all'architettura informatizzata del futuro alla quale, forse, il Suo libro vuole prepararci.
Scrivendo sulla "interattività" Lei afferma che l'architettura deve tendere a essere [...]continuamente modificabile divenendo un ambiente che si adatti al mutare dei desideri degli utenti, aggiungo io, in nome della "nuova soggettività" anzicchè della "nuova oggettività" del Movimento moderno.
Secondo me, però, una tale architettura rischierebbe di divenire un prodotto industriale, commerciale, sicuramente personalizzato, ma paragonabile ad una Smart!
Si rischerebbe di cadere nella trappola del marketing promettendo agli utenti/clienti ambienti sempre più personalizzabili e quindi
riempendoli di sistemi elettronici con i quali noi architetti non abbiamo molto da fare...
Il mondo industriale potrebbe impadronirsi del nostro mondo almeno per quanto riguarda il residenziale. Per esempio, si potrebbe produrre in serie abitazioni tipo che, con l'aiuto dell'elettronica, si adattino ai gusti dei clienti illudendoli di vivere in un ambiente personalizzato.
A questo punto la mia domanda è:" Quale ruolo avrà il futuro architetto nel processo di personalizzazione dell'architettura?
Saremo ancora degli esteti? E se sì, solo in rappresentanza della collettività e quindi nelle opere pubbliche?
Forse è per questo che nell'immaginario collettivo, desunto dalla cinematografia, l'architettura del futuro è incolore, fredda e insipida!

Commento a "Il motivo di Caravaggio"

“In bilico” = “in-between”

Non è un caso , credo, che sia proprio un architetto come il prof. Saggio, dedito allo studio dell’influenza della IT sulla architettura contemporanea, ad accorgersi della scoperta di Caravaggio di un nuovo spazio. Uno spazio che Saggio definisce “in bilico” poiché né dentro né fuori il quadro bensì << intermedio e nuovissimo che si pone tra la profondità negata dello spazio prospettico dentro il quadro e una nuova spazialità invocata fuori del quadro >>.
Saggio afferma in oltre che il pittore distrugge l’idea stessa di “finestra - cornice”. Operazione simile a ciò che faranno gli architetti con il lotto da Gropius in poi.
Il lotto come la cornice-finestra, quindi, che delimita e prospettivizza.
Se penso ora allo spazio “fuori” dal quadro, mi è facile paragonarlo alla città. Ecco allora l’analogia tra lo spazio “in bilico” e nel quale Michelangelo da Merisi colloca i suoi personaggi e lo spazio “in between” nel quale Eisenman, architetto della IT, colloca i volumi delle sua architetture, p.e. il Wexner Center nel campus universitario di Ohio.
In più, entrambi attraversano lo spazio con dei “vettori” ( così li chiama Saggio), per Caravaggio p.e. il braccio della Vergine, per Eisenman i corridoi di collegamento racchiusi da una gabbia metallica reticolare. Questi vettori servono in entrambi i casi ad unificare lo spazio (dentro – fuori) e ad aiutare l’osservatore nella lettura della profondità della composizione che è, nel primo caso, invogliato a seguirli con lo sguardo fino in profondità sentendosi alla fine partecipe della scena, mentre nel secondo è invogliato ad addentrarsi.